Sono nato a Salsomaggiore Terme (Parma) nel 1955 e risiedo a Piacenza. Sono sposato dal 1978 con Graziella.
Ho una figlia, Margherita, e una grande passione: la politica, che per me significa lavorare per costruire il futuro della nostra comunità.
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giovedì 6 agosto 2009

Esame dialetto per gli insegnanti

Su Libertà di Lunedi 3 agosto appare, in prima pagina, un articolo di fondo di Pierluigi Magnaschi che, come sempre, fornendo notizie volutamente parziali tende a gettare acqua sul fuoco sulla vicenda relativa alla richiesta dell'esame regionale per gli insegnanti proposto dalla Lega nord.
Il Magnaschi, infatti, tende a fa passare tutto questo non come un atto ufficiala della Lega, ed un chiaro motivo di contrasto all'interno della maggioranza di governo, quanto come una proposta avanzata nel Consiglio Provinciale di Vicenza; invece, come si può ben verificare nell'allegato articolo del Corriere della Sera dello scorso 29 luglio, appare ben chiaro come la richiesta sia stata ufficialmente formulata in Commissione Cultura alla Camera dei Deputati e ben poco importa che non si parli di "test sul dialetto" così come giornalisticamente etichettata la reale proposta avanzata per l'introduzione di appositi "albi regionali degli insegnanti creati sulla base di specifici test attitudinali sulla storia e sugli usi e costumi locali". Al punto che, oltre alla Presidente Valentina Aprea anche un'altra componente di commissione, la direttrice del Secolo Flavia Perina (di chiara appartenenza politica) afferma: «...Nel Pdl c' è profonda ostilità verso questa proposta della Lega. In Commissione c' è stato un dibattito furioso e la Aprea ha scelto, per correttezza, di rinviare il tema al Governo. Per quanto mi riguarda, trovo assurdo pensare di introdurre un meccanismo del genere, che di fatto istituzionalizza una forma di apartheid scolastico».

Quello che appare singolare, comunque, non è tanto il metodo giornalistico del Magnaschi emulo Emilio Fede, ma l'atteggiamento del nostro quotidiano che continua a riservargli la prima pagina !

Mario Speziawww.mariospezia.org

La maggioranza Il duello
La Lega: test di dialetto ai prof Fini avverte: rispettare la Carta
Interviene il presidente della Camera. Ma Cota: no, l' accordo c' è Proposta congelata La presidente di commissione ha congelato la proposta leghista
MILANO - Il Sud continua a dividere il Popolo della libertà. Dopo il no ai presidi del Mezzogiorno, espresso pochi giorni fa dal consiglio provinciale di Vicenza, ieri a suscitare polemiche è stata la proposta della Lega di introdurre un test per gli insegnanti «dal quale emerga la conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono lavorare». Una sorta di test dialettale, dunque, che farebbe passare i titoli di studio in secondo piano. L' idea ha aperto un confronto aspro nel centrodestra e suscitato anche dure critiche dell' opposizione. Al punto che in serata il presidente della Camera, Gianfranco Fini, rispondendo a un' interrogazione sul tema della deputata pd Emilia De Biasi, è stato costretto a ricordare: «Durante l' esame della riforma la prima commissione e l' Aula valutino il pieno e totale rispetto dei principi fondamentali della nostra carta costituzionale. Si tratta di una questione che non può essere opinabile ma che deve essere solo riferita a quel che c' è scritto nella Carta». L' emendamento della discordia è stato presentato dal Carroccio in commissione Cultura, dove è in discussione una proposta di riforma di cui è relatrice la presidente della Commissione, Valentina Aprea (Pdl), nella quale si propone l' istituzione di albi regionali per gli insegnanti. E proprio la Aprea, ieri, dopo una discussione molto accesa con la leghista Paola Goisis, presentatrice dell' emendamento, ha deciso di respingerlo sconvocando il comitato ristretto e investendo della questione la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Un modo, insomma, per «congelare» la proposta. Ma l' iniziativa della Aprea non è servita a congelare anche gli animi. E infatti la prima a infuriarsi è stata proprio la Goisis (già presentatrice tempo fa di una proposta di legge per rendere obbligatorio l' insegnamento del dialetto nelle scuole), che subito ha annunciato: «Per noi il testo non va discusso in Aula perché non si può scavalcare così il volere di un partito di maggioranza. I titoli? Non garantiscono un' omogeneità di fondo e spesso risultano comprati. Questa nostra richiesta punta a ottenere una sostanziale uguaglianza tra i professori del Nord e quelli del Sud. E la Lega, per difendere questo tema, è pronta anche a mettersi di traverso». Una linea confermata dal capogruppo del Carroccio alla Camera Roberto Cota, che però tende a smentire l' ipotesi di una spaccatura interna alla maggioranza: «Non c' è alcun contrasto tra noi. Diciamo che questo emendamento sul test regionale era assolutamente concordato. Il problema è che la Aprea non si è rapportata con i suoi commissari del Pdl. Fini? Ma è ovvio che si rispetterà la Carta. Il suo è un atto dovuto». Poco dopo, il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, prova a buttare acqua sul fuoco, osservando che in realtà «non esistono ragioni di divisione sui problemi della scuola tra Pdl e Lega perché prioritari per noi sono i progetti di riforma portati avanti dal ministro Gelmini sull' università e sui licei». La Aprea, dal canto suo, ieri ha ribadito invece la bontà - e l' unanimità - della sua scelta: «Non c' era alcun accordo nella maggioranza su questa storia dei test, ecco perché ho deciso di congelare la proposta. Nel mio testo, però, c' è pieno rispetto dei concetti di sussidiarietà e delle logiche federali. Io isolata? È vero il contrario. Basta vedere la frase pronunciata da Fini». Scenario confermato anche da un' altra componente di commissione, la direttrice del Secolo Flavia Perina: «Non è vero quel che dice Cota. Nel Pdl c' è profonda ostilità verso questa proposta della Lega. In commissione c' è stato un dibattito furioso e la Aprea ha scelto, per correttezza, di rinviare il tema al governo. Per quanto mi riguarda, trovo assurdo pensare di introdurre un meccanismo del genere, che di fatto istituzionalizza una forma di apartheid scolastico». Angela Frenda