In occasione del quarantesimo dalla scomparsa del Servo di Dio Giuseppe Berti (riconoscimento che deriva dalla conclusione diocesana del processo di Beatificazione), si è tenuta la cerimonia religiosa accompagnata da alcuni interventi che hanno evidenziato i vari carismi che il professore ha manifestato nella sua vita terrena.
A nome di A.N.P.C. di Piacenza, ho voluto portare il saluto ed il ricordo delle gesta del professore quale antifascista e resistente della prima ora.
A seguire il testo del mio intervento.
Prof. Giuseppe Berti
Un messaggio di vita, molto attuale per noi, oggi
Padre
Bartolomeo Sorge individua nell'odierna situazione mondiale una fase di cambiamento
strutturale dell’intero sistema globale, traendone analogie con il periodo
della rivoluzione industriale di metà ‘800.
Rivoluzione
industriale che ha, poi, generato due guerre mondiali, la nascita del comunismo
e altri fenomeni che hanno rivoluzionato l’esistenza di intere generazioni.
Padre
Sorge, non riuscendo poi a delineare con esattezza quale modello e cosa fare
oggi, ritiene che la base su cui ricostruire il sistema sociale del futuro stia
nell'insistere sulla formazione delle nuove generazioni e sull'impegno personale.
Lo
stesso pensiero che ha mosso, dopo la grande guerra con la nascita del Partito
Popolare nel 1919 e con la profonda attività dell’Azione Cattolica durante il
fascismo, la condotta di tante straordinarie figure, religiose e laiche, che
hanno permesso al nostro Paese di risorgere dalle rovine della seconda guerra
mondiale, con tanta forza e ardore, grazie ad una straordinaria classe
dirigente formatasi nel solco degli insegnamenti della dottrina sociale cristiana.
Berti,
in tal senso, è stato senza dubbio, la più significativa e luminosa figura del
cattolicesimo democratico piacentino, impegnato, per tutta la sua esistenza,
nel ruolo di formatore ed animatore di giovani.
Berti
era il più “anziano” tra i giovani dell’Azione Cattolica diocesana post grande
guerra e aveva, per vocazione personale e professionale (prima maestro
elementare a Piacenza poi, laureatosi, dal 1938 al 1970, insegnante di
filosofia, letteratura e storia a Cremona) una predisposizione alla formazione
dei giovani e in questa sua missione, “spende” tutta la sua vita.
Uomo
mite e disponibile al dialogo ma intransigente sui principi e sui valori,
comprende innanzitutto (nonostante il clima di grande confusione) che tutto ciò
che è contro la persona umana va combattuto.
Quindi
è culturalmente e profondamente antifascista fin dalla prima ora e partecipa in
prima fila a tutte le “battaglie” della sua epoca, mai sottraendosi o rimanendo
a guardare, ma dando sempre l’esempio.
E,
pur di spirito pacifista, subisce, a partire dal 1921, una serie di brutali
percosse e, nel 1944, mentre lascia la sede FUCI di Via S. Giovanni, viene anche
arrestato.
Berti,
antifascista convinto, ma pacifista e contrario ad ogni forma di violenza,
rappresenta appieno la figura del cristiano che come scrive Daniela Morsia: “..si muoveva su una linea di educazione ai
principi cristiani e al senso critico. L’impegno era quello di differenziarsi
dal fascismo sulla base della propria identità cattolica….e.. fin dalle prime esperienze
degli anni venti, Berti fu tra i maggiori protagonisti di quella linea di
pensiero e di azione formatrice che concorse a creare e diffondere un’area del
dissenso morale ed intellettuale che consentì, più facilmente (in seguito) la
scelta della Resistenza (a tanti giovani dell’Azione Cattolica)…”.
Berti
ha fatto parte di quel gruppo di cattolici democratici che hanno svolto un
ruolo primario nella sconfitta del totalitarismo che, come scrive il prof.
Giorgio Campanini:”….prima ancora che nei
campi di battaglia, fu sconfitto nell'interiorità delle coscienze….”.
Vicino ai ceti operai ed animato da uno spirito
sempre propositivo, Berti subito dopo la guerra, fonda a Piacenza le Acli e
l'Enaip per la formazione professionale dei giovani; avendo ben presente che
l’istruzione è la base fondamentale per costruire una esistenza solida basata
sul lavoro e sulla possibilità di crescere dignitosamente i figli.
A suggello della sua attività, il 18 aprile 1948,
viene eletto deputato nel primo Parlamento della Repubblica Italiana nelle file
della Democrazia Cristiana e vi rimane fino al termine della legislatura, nel
1953, distinguendosi soprattutto nell'approfondimento dei problemi della
scuola. L'intensa attività pubblica non lo ha mai distolto, comunque, dagli
studi di storia locale: membro attivo della Deputazione di storia patria, è
stato fondatore e primo presidente dell'Istituto storico della Resistenza di
Piacenza; e, per le benemerenze acquisite nella scuola, ebbe dal ministero la
medaglia d'oro.
Come studioso le sue numerose pubblicazioni
possono essere divise in tre filoni: il pensiero filosofico, il movimento cattolico
e la resistenza piacentina; suoi, ad esempio, sono due importanti volumi
dedicati alle "linee della resistenza piacentina".
Berti si può definire, a pieno titolo, il “padre”
della generazione di cattolici democratici impegnati prima nel sociale e poi in
politica che hanno rappresentato, prima nelle
file Resistenza, poi nei trent'anni del dopoguerra, la spina dorsale
dell’intera classe dirigente locale della Democrazia Cristiana.
Berti, un uomo che, come ha scritto il nostro
Vescovo, mons. Gianni Ambrosio:”… ha vissuto
pienamente questo suo essere del popolo, nel popolo, per il popolo…” e, per questo, è quanto di più esemplare la nostra
terra possa esprimere ad esempio di quanto oggi occorra ed, anche, si possa
fare e portare a compimento in momenti che, oggi come allora, paiono difficili
se non drammatici.
La
necessità che, come Berti ha sempre avuto presente ed insegnato, la persona
umana sia al centro di tutti i processi di crescita sociale e che si completi all'interno di una comunità attenta al bene comune, sono i pilastri, ancora
oggi, di una “nuova” , ma, allo stesso tempo, sempre attuale coscienza civica.
Grazie
a questo inalienabili principi e agli uomini come Berti, per il nostro Paese,
che risorgeva a nuova vita, fu possibile dotarsi di una Costituzione che
metteva con forza la persona umana al centro di qualsiasi teorizzazione civile,
sociale, statuale, politica.
Come
sancito all'art. 3: “È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Gli
eventi degli ultimi, difficilissimi mesi ci dicono che siamo arrivati al
termine di un modo di intendere lo Stato e il rapporto tra cittadini e
istituzioni.
Proprio
per questo le parole e lo spirito dei padri della Repubblica, come è possibile
definire anche il prof. Giuseppe Berti, devono animarci oggi nello sforzo di
ricostruire un Paese che appare esausto, senza speranza, rassegnato al peggio.
Con
lo stesso impegno personale, teso a ripristinare la centralità dei cittadino
rispetto allo Stato, della persona rispetto alla politica, all'economia ed alla
finanza, che il prof. Giuseppe Berti ha profuso in ogni giorno della sua
esistenza terrena rendendo così attuale, e perenne, il suo esempio ed il suo
insegnamento.
Mario
Spezia
Presidente
provinciale
Associazione
Nazionale Partigiani Cristiani
Chiesa
di Sant'Anna in Piacenza 7 giugno 2019
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