“La Repubblica nasce qui, dove sono morti i primi partigiani”
Nel giorno della festa della Repubblica, sono stati ricordati i primi partigiani della Divisione Val d’Arda caduti nella lotta di Liberazione: una delle prime a organizzarsi sulle montagne piacentine, vennero uccisi il 4 giugno del 1944. Si chiamavano Antonio Rossetti di Gropparello, Benvenuto e Giuseppe Carini di Bettola, ed Eugenio Silva di Morfasso.
La cerimonia si è tenuta nella mattinata di lunedì 2 giugno davanti al santuario di Santa Franca (nel comune di Morfasso - Piacenza) promossa dall’associazione ANPI Gropparello-Carpaneto, dalla sezione provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani (ANPC) e dall’ANPI provinciale.
La commemorazione è iniziata con la celebrazione della Santa Messa officiata da don Lodovico Groppi, il quale durante l’omelia ricordando le parole del Vangelo odierno, ha collegato la disperazione degli apostoli, che si sentivano abbandonati da Gesù senza nessuna speranza e con poche aspettative per il futuro, con le stesse difficoltà ed incertezze in cui si saranno venuti a trovare anche quei ragazzi che nel 1944 sono saliti sulle montagne e si sono aggregati alle formazioni partigiane, per sfuggire ai nazi-fascisti. Durante la messa sono state anche rivolte preghiere al Servo di Dio, Giuseppe Berti, al Beato don Giuseppe Beotti e a don Giuseppe Borea, parroco della vicina Obolo, fucilato dai fascisti il 9 febbraio 1945.
Al termine della messa si è tenuta la cerimonia ufficiale presentata da Silvia Parmigiani, in rappresentanza di ANPI Carpaneto-Gropparello a cui hanno fatto seguito i saluti dei convenuti ad iniziare da Salvatore Scafuto in rappresentanza del Comune di Piacenza, il quale ricordando i quattro martiri, ha detto come: “I loro nomi e il loro sacrificio ci parlano ancora oggi: ci ricordano che la libertà e la democrazia non sono conquiste scontate, ma il frutto del coraggio di donne e uomini che hanno scelto la Resistenza per opporsi alla dittatura e all’ingiustizia. La Festa della Repubblica, che celebriamo oggi, ci invita a rinnovare l’impegno per i valori che stanno alla base della nostra Costituzione: libertà, uguaglianza, solidarietà”.
Ha quindi preso la parola il presidente dell’associazione Partigiani Cristiani di Piacenza, Mario Spezia, che ha sottolineato il valore del 2 giugno: “Oggi è la festa della sovranità dei cittadini italiani, conquistata con la Costituzione repubblicana antifascista. La nostra nazione si è riunificata e riconciliata col primo voto politico a suffragio universale cui parteciparono anche le donne che nei codici precedenti non godevano della parità di diritti con gli uomini. La Repubblica si è assunta il compito di riconoscere i diritti e di farli rispettare, nonché l’obbligo di rimuovere le cause che ne fossero impedimento all’esercizio”.
Si è quindi tenuta l’orazione ufficiale da parte di Romano Repetti, presidente di ANPI Piacenza, che ha ricordato l’importanza di celebrare la festa della Repubblica in un luogo dove, anche grazie al sacrificio di questi quattro giovani, ha preso vita la nuova Italia, rimarcando, in particolare, le circostanze dell’uccisione dei quattro combattenti attraverso i ricordi lasciati da una testimone dell’epoca.
Erano anche presenti rappresentanti del Comune di Morfasso e alcuni parenti dei caduti.
A seguire una delegazione si è recata nella vicina località Montelana dove al cippo in ricordo dei partigiani è stata deposta una corona di alloro.
Di seguito il racconto dell’uccisione dei quattro partigiani dalle memorie del comandante della Divisione partigiana Val d’Arda: Giuseppe Prati:
Purtroppo se sul Lama era andata bene, la fatalità aveva lasciato il suo segno funesto in altre zone. Fu così che avemmo i primi Caduti. Nel pomeriggio del 3 giugno la formazione con i suoi 35 patrioti, si era portata su Gropparello e aveva attaccato la stazione di avvistamento contraereo installata a Casa Boccacci, recuperando un gran numero di munizioni e materiale di vettovagliamento, che si decise di far giungere al loro quartiere sul Santa Franca. Per questo furono incaricati tre partigiani: Antonio Rossetti da Gropparello, Giuseppe Carini da Generesso, Benvenuto Carini da Teglio. Il resto degli uomini sarebbe giunto a piedi più tardi all’accampamento. Al termine della strada autocarrabile, i tre reclutarono nella notte buoi e slitte a Guselli e Prato Barbieri e su queste avviarono il materiale a destinazione.
Sorpassate di qualche centinaio di metri le case di Montelana, lasciarono proseguire i civili da soli (tanto sapevano che all’accampamento erano rimasti di guardia alcuni dei loro compagni) e si fermarono sul ciglio della strada per attendere il resto del distaccamento. A quell’altezza, oltre mille metri, a quell’ora, di notte, benché si fosse già al 4 di giugno, era piuttosto freddo. Non fu difficile raccogliere sterpi e frascume di faggio, abbondante nella zona, ed accendere un bel fuoco ristoratore. La stanchezza ed il tepore li portarono gradualmente al sonno senza aver prima predisposto turni di guardia poiché si sentivano al sicuro. Ma all’incerta luce dell’alba, lungo il sentiero che da Prato Barbieri per Montelana porta al S. Franca, si profila una lunga colonna di tedeschi che spinge davanti a sé alcuni civili. Il nemico, partito da lontano per distruggere per sempre i ribelli del Lama e del Santa Franca, finalmente li ha incontrati! Una preda facile: tre giovani che la stanchezza e la sicurezza di aver i compagni alle spalle, aveva offerto alle sue armi nel sonno. Non ha pietà, non sente vergogna di colpire in modo così vile e facile e li abbandona lì, sul sentiero montano, con i miseri corpi rattrappiti e lacerati dagli squarci delle ferite. Sono i primi tre caduti della “Valdarda”.
Un’altra fucilazione si ebbe il pomeriggio di quella stessa domenica al vicino passo di Santa Franca. Il giovane Eugenio Silva di Tiramani, ventenne, imbattutosi nel bosco in una pattuglia, venne fucilato sul posto. Inutilmente aveva alzato le mani in segno di resa. La sera stessa, don Giuseppe Borea, parroco di Obolo e cappellano militare della 38° Brigata della Divisione Valdarda, che recitò un ruolo attivo e di primo piano nelle file della Resistenza e si distinse per umanità e coraggio, saputo dell’eccidio, si reca sul posto sfidando il nemico per benedire e ricomporre le salme straziate ed il giorno che seguì, le fece trasportare al cimitero della sua parrocchia dove provvide alla tumulazione provvisoria. Seppellire i morti fu infatti una delle più importanti opere di carità di Don Giuseppe Borea, a costo della Sua stessa vita, perché l’ingiunzione era di lasciare i cadaveri per strada, a monito per i vivi.
Al termine della commemorazione la delegazione ANPC Piacenza si è recata al vicino cimitero di Obolo - piccola frazione del Comune di Gropparello, a rendere omaggio, con la lettura da parte del consigliere comunale di Piacenza e membro del consiglio ANPC, Salvatore Scafuto, della Pregheira del Ribelle, alla targa a ricordo di don Giuseppe Borea, all'epoca della Lotta di Liberazione, parroco del paese, vittima di un processo farsa e fucilato dai fascisti il 9 febbraio 1945 dietro al cimitero di Piacenza; per don Borea, ANPC Piacenza ha chiesto al Vescovo di Piacenza l'avvio del processo di Beatificazione.
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