Sono nato a Salsomaggiore Terme (Parma) nel 1955 e risiedo a Piacenza. Sono sposato dal 1978 con Graziella.
Ho una figlia, Margherita, e una grande passione: la politica, che per me significa lavorare per costruire il futuro della nostra comunità.
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martedì 30 aprile 2013

Intervento per 25 aprile 2013

Ero stato contattato dagli organizzatori per tenere il discorso ufficiale di commemorazione del 25 aprile 2013 a Fidenza, ma sono stato informato all'ultimo momento (ore 19.30 del 24 aprile) che l'ANPI di Fidenza riteneva inopportuno che tenessi il discorso in quanto candidato a Sindaco al Comune di Salsomaggiore Terme.
Ho per altro consegnato il testo del discorso già preparato e che di seguito propongo.

F.I.V.L.

(eretto in Ente Morale il 16 aprile 1948)

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI CRISTIANI

Piacenza





Diceva Enrico Mattei in occasione del primo anniversario della Liberazione il 25 aprile 1946: “…..siamo qui affinché il passare del tempo non attenui il ricordo e la considerazione per quell’esercito di volontari ai quali, quasi esclusivamente, fu affidato l’immane compito di provare a tutti gli italiani ed al mondo intero, che il nostro popolo sa ancora amare la Libertà sino a dare la sua vita per conquistarla e difenderla……”
Un numeroso esercito di volontari tra i quali vogliamo in particolare ricordare i Martiri di Coduro (in gran parte piacentini) ma anche don Giuseppe Beotti parroco di Sidolo in Comune di Bardi, fucilato il 20 luglio 1944 dai nazi-fascisti davanti alla sua chiesa nella parte della montagna parmense della diocesi piacentina; aveva 32 anni. La sua colpa: nel periodo della guerra essersi distinto per la sua indefessa carità verso partigiani, ebrei, soldati feriti. A ricordo del suo martirio la Diocesi di Piacenza ha avviato, nel 2010, il processo di beatificazione.
            Illuminate figure che per strade diverse hanno percorso il martirio personale donando la propria esistenza alla crescita della comunità a conferma che la Resistenza è stata insurrezione di un popolo tutto contro la tirannia e l’ingiustizia.,.
Oggi siamo qui a ricordarli ma anche a voler rivivere e perpetuare gli ideali e i valori che li hanno animati, perché sempre di più oggi abbiamo bisogno di recuperare la serietà, la credibilità, la responsabilità di un intero sistema sociale che con la crisi dell’economia e con il crollo delle “borse” ha “scoperto” un mondo al quale non era più abituato; un mondo che non può più vivere sui “lustrini”, adagiarsi sulle illusioni, coltivare falsi miti.

            La crisi ha messo a nudo quanto di finto e di sbagliato si era fatto strada in anni e anni di benessere e di crescita che parevano senza fine e sta, lentamente ma inesorabilmente, riaprendo gli occhi a tutti.
            E, finalmente, i comportamenti sbagliati ricominciano ad apparire, a tutti, sbagliati, le persone non meritevoli, incominciano ad apparire, ai più, non meritevoli e si sente, da parte dei più, la necessità di recuperare i valori, l’etica, la morale.

            "Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre al precipizio. Il problema economico è l' aspetto e la conseguenza di un più ampio problema, spirituale e morale". Così scriveva tanti anni fa Luigi Einaudi, cogliendo il senso di un problema che ha radici profonde e può essere risolto solo ripartendo dai valori fondamentali della crescita della persona umana.

            Che sono poi i valori sui quali è nata e si è sviluppata la Resistenza.

            L’assunzione della responsabilità personale per recuperare il senso vero della comunità che basa le sue fondamenta sulla democrazia e sulla libertà.

            Tocca a Te; nessuno può fare quello che devi fare Tu, erano i concetti per i quali i nostri padri sono andati sui monti a difendere la Patria.
           
Quanto più comodo sarebbe stato per loro aderire alla Repubblica di Salò e mantenere i propri posti di lavoro od averne dei nuovi invece che prendere la strada della montagna e della latitanza o, una volta catturati, affrontare la morte o i campi di prigionia in Germania; quanto più comodo sarebbe stato per loro coprirsi gli occhi, le orecchie e la bocca, e far finta di niente seguendo la massa inerme.

Scriveva don Primo Mazzolari, battagliero e fiero prete cremonese, nel 1943: "Solo chi si misura nella folla col proprio cuore e confronta sulla strada e sulla barricata la propria anima può sperare di essere ascoltato in un'ora non lontana, quando il pensar bene, disgiunto dal pagare di persona, non sarà neanche preso in considerazione".

A cosa vale il pensare ed il parlare bene quando le tue parole non sono accompagnate dai comportamenti adeguati?
Ecco che ritorna l’attualità del periodo buio e difficile della lotta di Liberazione con l’oggi; quante belle parole abbiamo sentito negli ultimi anni e quanti comportamenti contrari abbiamo notato.

E abbiamo, per lo più, taciuto;
- accettando l’inaccettabile e l’impresentabile;
- quante volte abbiamo delegato ad altri compiti di rappresentanza e poi non abbiamo controllato il loro operato;
- quante volte, anche per evitarci scomode controversie con chi ci stava vicino, abbiamo taciuto vedendo cose sbagliate.

        Ed allora proprio in nome dei Martiri di Coduro, di don Giuseppe Beotti e dei tanti che anche in questi nostri bei territori hanno saputo, pagando di persona, ribellarsi alle ingiustizie, uomini valorosi che per strade e modi diversi hanno interpretato e perseguito un unico disegno rivolto alla ricerca della giustizia, della libertà e della democrazia, in nome di questi nostri eroi che ci hanno permesso di vivere in una società ricca e prospera, dobbiamo rivivere questo 25 aprile alla ricerca dei valori e degli ideali.

E il compito è affidato personalmente ad ognuno di noi, nessuno escluso; sull’esempio di chi, in passato, si è battuto per il bene ed il progresso dell’intera comunità con uno slancio ed uno spirito sempre rivolto al bene comune, dobbiamo anche noi, ognuno di noi, nel momento della difficoltà, della crisi, della messa in discussione delle certezze che ci hanno accompagnato in questi anni, dobbiamo ritornare a comprendere la necessità dell’impegno personale quale molla fondamentale per la crescita sociale.
Sforzandoci di tornare a rivivere un impegno diretto, sociale e politico, che possa rappresentare il viatico alla ripartenza, al recupero del dialogo sociale per  una comunità che ritorni a ragionare e lottare insieme, con speranza e fiducia alla ricerca del bene comune.
Nuove e pericolose nubi minacciano la nostra democrazia e la nostra società.
La democrazia, elemento indispensabile per la costruzione di una società veramente libera e giusta basata sul rispetto della persona umana, è un bene sempre a rischio, che abbisogna di continua linfa ed energie, altrimenti rischia di afflosciarsi e, pian piano, venire meno.
La ricerca di nuove forme e modalità Istituzionali, che, puntando sulla semplificazione e sul populismo, avvelenano le menti e gli animi abbisognano di un opinione pubblica attenta e consapevole in grado di giudicare, oltre la facile propaganda mediatica, il limite che si può raggiungere, ma non oltrepassare .
            Le recenti e quotidiane vicende del nostro Parlamento ne sono un esempio; con particolare riferimento al “vincolo di mandato”; il principio secondo il quale alcuni cercano di far passare la teoria che il parlamentare (ma vale per qualsiasi eletto) deve obbedire, nell’esercizio della sua funzione istituzionale, al proprio gruppo, al proprio partito, al proprio schieramento.
            Teoria che, sempre di più, sta trovando proseliti e seguaci nell’intera opinione pubblica superficialmente disattenta e stanca dei continui “battibecchi”..
A tal proposito, l’articolo 67 della nostra Costituzione Repubblicana cita testualmente: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Con ciò stabilendo senza indugi che i parlamentari eletti sono liberi di esercitare le loro funzioni senza essere obbligati a votare secondo le indicazioni del partito nelle liste del quale sono sati eletti.
L’articolo 67 della Costituzione fu proprio concepito, come osservano illustri costituzionalisti,  per garantire la libertà di espressione ai membri del Parlamento: il legame tra l’eletto e gli elettori viene dunque concepito come “responsabilità politica”, non come un “mandato imperativo”, che è vietato.
A maggior ragione, se il venire meno del vincolo di mandato viene associato con l’attuale legge elettorale, chiaramente antidemocratica, ne consegue che il Parlamento sarebbe  soggetto al volere, incontrastato ed incontrastabile, di pochi capi bastone che lo potrebbero usare a proprio uso e consumo e sottratto alla volontà popolare (e libera) che il parlamentare deve interpretare.
Durante i lavori dell’Assemblea Costituente, tra il 1946 e il 1947, la questione del libero mandato venne discussa ampiamente. Uno dei relatori, il giurista Costantino Mortati, disse: «Sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari significa che esso non rappresenta il suo partito o la sua categoria, ma la Nazione nel suo insieme».
Questo, poi adottato a maggioranza, era il senso di quel principio tutelato nella Costituzione entrata in vigore nel 1948.
Il parlamentare, quindi, non può accettare alcuna istruzione o direttiva vincolante quando esercita le sue funzioni: può agire liberamente e non esiste alcun mezzo giuridico per costringerlo a rispettare eventuali accordi, né lo si può citare in giudizio a rispondere del suo comportamento e delle sue scelte. Lo ha stabilito anche una sentenza della Corte Costituzionale (n. 14 del 1964).
In questo principio, poco conosciuto, è racchiusa una delle basi della democrazia e la certezza del mantenimento della libertà che gli eroi che oggi ricordiamo hanno dovuto ottenere a costo della vita (a puro titolo di esempio ricordiamo che Il mandato imperativo - il contrario cioè del vincolo di mandato - è presente soltanto in quattro Paesi al mondo: Portogallo, Bangladesh, India e Panama).

Con l’ impegno alla partecipazione personale di ognuno di noi, impegno che tutti noi oggi ci dobbiamo prendere, voglio concludere l’odierna commemorazione con le parole utilizzate da Felice Ziliani, partigiano di Monticelli d’Ongina attivo componente di questa vostra bella Diocesi, partigiano combattente con il soprannome di “Griso”, tra i primi pionieri dell’Agip di Enrico Mattei per anni dirigente dell’Associazione Partigiani Cristiani, nel Suo intervento all’ultimo convegno da Lui organizzato l’8 ottobre 2005, in occasione del 60° Anniversario della Liberazione, in memoria dei sacerdoti della Diocesi di Piacenza  Martiri della Libertà.
Conclusione che preludeva la lettura, come Sua abitudine in tutte le occasioni pubbliche, della Preghiera del Ribelle scritta dalla Medaglia d’oro Teresio Olivelli; frasi che riassumono il Suo stile di vita e la Sua esistenza (e che ci ricordano l’importanza ed il significato profondo della responsabilità personale di ognuno di noi):
       I Sacerdoti che stiamo onorando ci ricordano che ciascun uomo ha le sue responsabilità e ciascuno ha un compito  cui attendere.
Ci ricordano ancora che ciascuno di noi ha un dovere rispetto alla società e ciascuno ne deve rispondere perché nessun’altro farà mai quello che solo noi possiamo fare.
Ci ricordano che non ci sarà mai vera pace fino a quando l’uomo non avrà trovato la pace in se stesso.
Ci ricordano, col sacrificio del loro sangue, che non c’è cosa più grande di quella di saper dare la propria vita per gli altri.

E con queste belle parole che ricordano ad ognuno di noi l’importanza ed il significato profondo della responsabilità personale, permettetemi, di mandare un ultimo saluto ai Martiri di Coduro, a don Giuseppe Beotti e al  “Griso” che insieme a mio padre Giovanni, partigiano combattente e ferito in battaglia, mi inculcò l’amore per la nostra patria.

Anche a nome loro viva la Resistenza, viva la Repubblica, viva la Patria, viva l’Italia unita. 


Mario Spezia

Presidente Provinciale di Piacenza
Associazione Nazionale Partigiani Cristiani





25 Aprile 2013  



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